Conviene investire in Cina?

Dovunque si parla di Cina, dovunque si disserta sull’opportunità di investire in Cina. Le nuove frontiere dei mercati internazionali ci consegnano un dato ineluttabile: il confrontarsi con la potenza cinese.

Conviene investire in Cina?

Cosa deve fare un imprenditore italiano che vuole fare affari con Cina?

Come deve muoversi?

E soprattutto come affrontare questa esperienza alla luce delle tante differenze col nostro sistema, con le nostre leggi, con la nostra mentalità ?

Il primo elemento necessario è informarsi, raccogliere tutte i dati possibili ed affidarsi a professionisti competenti che conoscano bene il mercato e le sue leggi.

La Cina può diventare una risorsa purchè la si affronti con i giusti modi ed affiancati da professionisti che la conoscano bene.

La Cina oggi è la nuova meta degli affari perché in Cina c’è di tutto, ogni cosa. Il mercato propone possibilità di ogni tipo: delocalizzare, importare, esportare e distribuire, investire.

Ognuna di queste opzioni è possibile! Sono tutte opportunità reali che la Cina offre.

Delocalizzare le produzioni per i costi bassi della manodopera conviene, importare prodotti di qualità a prezzi concorrenziali conviene,.

Esportare e distribuire beni di consumo italiani ad una popolazione che supera abbondantemente il miliardo conviene.

Investire in Cina per avere ruoli imprenditorialmente significativi nel Paese è un occasione importante da cogliere al volo!

Pochi dati per comprendere il fenomeno!

L’economia cinese nel primo semestre dello scorso anno è cresciuta del 9,5 % rispetto al 2004 con settori forti del PIL quello industriale in primis, seguito poi da quello del terziario ed ancora poi da quello dell’agricoltura.

All’uopo la sola produzione industriale ha registrato un incremento del 16,4%. Gli investimenti stranieri in capitale fisso hanno raggiunto 400 miliardi di Dollari circa: un vero boom in particolare nel settore dell’industria mineraria.

Cina, una economia in continua crescita

Poi sono cresciute la industria, estrattiva, la produzione e la distribuzione di energia, nel settore ambientale, nelle costruzioni ferroviarie.

In tal senso da sottolineare già il fortissimo interscambio commerciale con l’Italia nel settore dei macchinari, nel comparto metallurgico, in quello degli apparecchi elettrici, nel comparto dell’abbigliamento, dei suoi accessori e degli altri manufatti tessili, nel calzaturiero, nel settore della pelletteria.

Senza parlare poi del segmento “abitazione” con i marmi, le piastrelle, i mobili, l’illuminoteca, il materiale da costruzione. E poi i beni di consumo!

Da sottolineare invece come anche nel settore delle opere infrastrutturali il know how delle aziende italiane potrebbe costituire una risposta concreta alle sempre più sofisticate esigenze del mercato cinese.
Ma come fare tutto ciò? Con quale organizzazione? E con quale formula societaria? E come funziona poi il sistema delle tassazioni?

Vediamo in breve alcuni esempi di ipotetiche presenze in Cina, come cioè sia giuridicamente possibile strutturarsi nel Paese.

La forma più semplice ed alla quale ricorre la stragrande maggioranza degli operatori è quella della rappresentanza commerciale.

Senza grossi investimenti, sia la PMI sia la grande azienda possono “essere presenti” in Cina per rapportarsi col mercato, coglierne le evoluzioni, organizzarsi compiutamente.

L’ufficio di rappresentanza non ha personalità giuridica propria e non può effettuare nessuna attività finalizzata al conseguimento di profitto, salvo per alcune ipotesi specifiche come per esempio le società di servizi.

Gli uffici di rappresentanza sono sottoposti a tassazione da determinarsi, a seconda dei casi, o sulla base dei costi sostenuti, o sulla base del valore dei contratti stipulati in Cina dalla Casa Madre.

Ovvero nei casi particolari in cui le rappresentanze commerciali siano autorizzate a svolgere attività commerciali dirette, le stesse sono sottoposte al regime ordinario delle “Foreign Enterprises Incombe Tax Law”.

Come investire in Cina

Le procedure di costituzione e registrazione prevedono più passaggi presso le strutture competenti: procedure lunghe, laboriose ma sostanzialmente che non richiedono più di qualche settimana di tempo.

Uno degli aspetti più singolari da sottolineare è che tutta la documentazione deve essere introdotta agli uffici competenti da un centro servizi autorizzato locale.

Non può cioè introdurla autonomamente lo straniero.

Così come anche l’eventuale assunzione di personale locale che dovrà avvenire attraverso agenzie del lavoro cinesi. L’ufficio di rappresentanza potrà invece assumersi direttamente personale straniero.
Le altre ipotesi di investimento ammesse per i soggetti stranieri sono le Joint venture e le cosiddette WFOE cioè le società a capitale interamente straniero.

Nella prima ipotesi la parte cinese è tradizionalmente la parte operativa, quella che adempie cioè all’introduzione di tutte le documentazioni richieste alle autorità competenti.

La stessa sopperisce normalmente anche alle esigenze ordinarie nonché al personale, alla possibili attività di distribuzione, agli immobili etc.

La parte cinese ha altresì l’onere di introdurre la preliminare lettera di intenti, il piano di affari e di sviluppo che la costituenda joint venture andrà a realizzare nel Paese e tutta una serie di informazioni aggiuntive al cosiddetto MOFCOM.

L’approvazione di tale documentazione preliminare da parte di quest’ultimo è necessaria per lo svolgimento di tutti gli adempimenti successivi innanzi alle autorità competenti miranti invece a valutare piani di sviluppo nel dettaglio, elementi finanziari, dati inerenti la forza lavoro prevista, quote societarie etc.

Il capitale sociale minimo richiesto varia in funzione dell’investimento.

La WFOE, essendo a capitale interamente straniero, offre invece il vantaggio tradizionale di svincolare ogni elemento decisionale dalla possibili ingerenze del partner locale.

Può commercializzare direttamente, fare affari , fatturare liberamente etc.

Tramiti per investire in Cina

Essendo una formula più incisiva, la stessa viene sottoposta a passaggi procedurali più rigidi in cui tutte le formalità procedurali iniziali, anche queste da sottoporsi al vaglio del MOFCOM.

Si necessitano le specificazioni dettagliate nella formulazione relativa al piano degli investimenti. 

Dovrà, quest’ultimo, contenere una elencazione particolareggiata di una pluralità di elementi ivi inclusi lo scopo sociale nella sua specificità nonché il contratto preliminare con il proprietario degli immobli che si intendono usare per l’attuazione degli scopi sociali.

Una volta ottenute l’approvazione del MOFCOM sono richieste altre registrazioni presso gli uffici competenti.

In linea di massima un capitale sociale minimo non è definito per legge: una prassi consolidata lo vuole non inferiore ai 100.000,00 e comunque, il MOFCOM può insidacabilmente richiedere all’atto dell’approvazione un adeguamento in relazione alla portata dell’investimento.

In mancanza di codesto adeguamento il MOFCOM può procedere a non autorizzare.

Da sottolineare che in ogni caso le Autorità Cinesi, al fine di agevolare la presenza straniera nel loro Paese hanno sempre adottato politiche fiscali interessanti per gli stranieri stessi.

Anche se c’è da evidenziare a riguardo un impegno nei confronti della Comunità Internazionale – preoccupata dalla fuga in massa verso la Cina - ad uniformare il sistema fiscale adottato per gli stranieri a quello previsto per gli operatori cinesi.

Sostanzialmente l’aliquota di riferimento è il 33 %.

Un regime fiscale a parte è previsto per gli uffici di rappresentanza alla luce della loro natura non profit.

Tutta una serie di incentivi sono poi previsti per chi opera nelle zone individuate come sottosviluppate, a chi reinveste i profitti nonché per chi opera nelle Free Trade Zone, nelle Export Processing Zone, nelle Special Economic Zone, nelle High Tech Industrial Development Zone, nelle Coastal Open Economic Zone e nelle Economic and Technological Development Zone.

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